E' capitato spesso di palare dei problemi relativi alla nostra istruzione (dico nostra perchè coloro che hanno studiato prima di noi hanno potuto godere del caro vecchio ordinamento, che funzionava senza dubbio meglio del nuovo) e, ripensando a queste discussioni, mi sono reso conto della dimensione davvero enorme del problema, quindi non mi pare basti dire che con il nuovo ordinamento "si impara meno" oppure "si imparano meno cose". Dopo attenta riflessione sono giunto a tali conclusioni: Il grosso problema non è la quantità di nozioni (le "cose" di cui parlavo sopra) delle quali veniamo comunque imbottiti abbondantemente, ma il metodo. E anche qui, non il metodo con cui ce le insegnano, ma il fatto che non ci insegnino un metodo. Una volta il corso era metà istituzionale e metà monografico. La parte metodica, la parte che dava modo di evidenziare alcune parti, le più importanti, già incontrate nella parte istituzionale ma non poste in rilievo, era quella monografica, che adesso non esiste più. Qui il discorso cade nella logica: Noi non possiamo lavorare nè con il "tutto" nè con il "niente", lavoriamo per forza con "qualcosa". ma come possiamo far risaltare le parti che dobbiamo prendere dalla totalità di ciò che ci viene proposto? Non con il buon senso, purtroppo non è sufficiente (o non lo è sempre), è il metodo a permettercelo. Attraverso il metodo noi scegliamo le parti utili. Quelle davvero importanti, quelle giuste. Appare quindi il problema in tutta la sua gravità. Io sto scrivendo questo, quindi, anche se ancora non ho un mio metodo efficace, so che mi manca, e per questo lo cerco e lo cercherò. Chi si fida di ciò che l'università propone invece, si trova a non sapere nemmeno della sua carenza metodica e si ritroverà ad essere un'enciclopedia ambulante, piena di nozioni ma senza aver appreso criticamente, quindi, senza aver capito nulla e senza nulla da spendere davvero per la formazione di un proprio pensiero. L'università, l'aula piena, il professore al centro in fondo... tutto è molto massimizzato, è difficile "non credere" alle parole del docente, quindi ci si convince di sapere per il semplice fatto di "fare l'università" quando invece non è così. Altra nota dolente: L'unica materia che tratta metodicamente dell'apprendimento è l'ermeneutica, metodo oggi diffuso, ma che non è privo di contraddizioni. Molte sono le alternative ad essa, alcune delle quali rispettabilissime e funzionali come e forse meglio dell'ermeneutica stessa. Ciò nonostante a scuola l'ermeneutica è praticamente l'unica (in effetti un altro corso c'è, ma è una remota "storia della filosofia b") proposta tra le "teorie dell'interpretazione" e viene data per assoluta. Non credo che se l'università avesse fatto un buon lavoro uscirebbe gente che sostiene che "la verità non esiste".