Carpe diem

giovedì, dicembre 22, 2016

La terza via

Parliamo di rabbia e di nervosismo. Ciascuno di noi conosce il suo stato di calma, la condizione di normalità nella quale siamo padroni della nostra pazienza e ci sentiamo sereni, tralasciando maggiori o minori vulnerabilità o tendenze umorali. Quando ci si arrabbia, c'è un problema.
Il primo argomento da analizzare è cosa si intende per "rabbia": Rabbia è quello stato d'animo che può essere paragonato a violenta irritazione, dovuta a un torto subito, contrarietà o delusioni, che si manifesta spesso in modo ingiustificato e incontrollabile. Non si parla perciò solo di rabbia rivolta ad altri esseri umani, ma anche al nostro lavoro, a momenti della nostra vita, alla morte di qualcuno. Una volta data questa breve descrizione sottolineo gli aggettivi "ingiustificato" e "incontrollabile" scritti poco sopra poichè sono il primo seme della mia proposta.
Arrivati a questo punto caliamoci nella parte dell'arrabbiato.
Il caldo è la prima sensazione, poi il rossore ai padiglioni auricolari, la voglia di urlare e i denti stretti a zittirci quasi fossero più saggi di noi e si preoccupassero delle conseguenze al posto nostro.

Tra le mani abbiamo una bella matassa da sbrogliare, si tratta di decidere cosa vogliamo farne: possiamo rispondere alla nostra rabbia facendo la guerra, decidendo di lanciare quel nodo che abbiamo tra le mani contro chi o cosa ci ha fatto del male, oppure possiamo decidere di tacere, soccombere ingoiando il rospo che resterà per un tempo imprecisato seduto sul nostro stomaco logorandoci e impedendoci sonni sereni. Queste sono le prime due vie, prima di proporre la terza vorrei chiarire che queste due non solo non sono le uniche scelte ma sono anche le peggiori.
Nel primo caso incontriamo due problemi: scegliendo di scagliare la nostra rabbia e darle voce potremmo, da una parte, incontrare chi non soccombe, chi rincara la dose sulle nostre spalle, L'unico esito sarebbe l'aumento della nostra rabbia, trovandoci ad aver scagliato il nostro peso lontano da noi per vedercene restituito uno ancor più grave, allontanandoci dalla soluzione anziché trovarne una. Dall'altra parte potremmo essere arrabbiati per una scomparsa anziché con qualcuno e a quel punto ci scaglieremmo contro cosa? non sarebbe per nulla una soluzione.
Nel secondo caso, cioè dove si sia deciso di tacere e "mandare giù il boccone amaro" non avremmo trovato un buon risultato comunque. Avremo deciso di accantonare il problema rinunciando non solo allo scontro ma anche a veder riconosciute le nostre ragioni dove ce ne siano e soprattutto a risolvere la nostra rabbia. Saremo logorati dallo stesso male solo sotto forma differente.
Ciò che sono convinto possa risolvere la nostra rabbia parte esattamente in questo momento e dalla capacità di accantonare l'istinto e liberare la mente per pensare.
su due punti ci si deve focalizzare: La comprensione delle ragioni di chi ci ha fatto arrabbiare e la volontà di rispondere a questa situazione in un modo del quale non ci pentiremo ma di cui saremo fieri.
Mettersi nei panni degli altri è un esercizio da fare con questo intento; sforzandosi di dare una spiegazione all'altrui comportamento che sarebbe sottoscrivibile anche dal diretto interessato. Non è una prova empirica, probabilmente al diretto interessato non avremo mai occasione di chiederlo, specialmente se non si tratta di un essere senziente ma di una situazione o di un evento, nel senso già spiegato precedentemente. L'intento deve essere quello di ragionare in una direzione tale da costruire una descrizione nella quale l'interessato stesso possa riconoscersi. Comprendere le ragioni è il primo passo per iniziare il disbrigo della nostra questione aggrovigliata e capire se dentro alla matassa c'è effettivamente qualcosa di cui occuparsi in un secondo tempo oppure no.
L'altro punto è la volontà di rispondere seguendo una via che ci farà sentire fieri di noi e della quale non saremo pentiti. Una soluzione che ci riempirà di stima in noi stessi ci offrirà un sentimento forte e positivo in opposizione ad uno altrettanto forte e negativo che ci sta dominando in quel preciso momento. Non va dimenticato che lo scopo non è la risoluzione del conflitto ma è fondare una strada che ci permetta di gestire la rabbia senza esserne dominati, conducendoci da uno stato d'animo spiacevole alla serenità. Perciò non si confondano le strategie per avere ragione, per far valere i propri diritti o i propri obbiettivi all'interno di un contenzioso con questo scritto. Una volta risolto lo stato di rabbia ci si può e si deve certamente muovere verso i propri scopi, solo che lo si farà in modo più lucido e ragionativo.