Carpe diem

mercoledì, novembre 19, 2008

Nuovo

"Nuovo" oggi non è più un aggettivo qualificativo, che ci da informazioni su un aspetto qualitativo. Non è più relativo (questo è nuovo rispetto ad altri, ragionamento che presuppone un certo discernimento), ma è una qualità di per se. Oggi si ricerca il nuovo non per ciò che rappresenta o per le novità che apporta rispetto all'"obsoleto" ma lo si ricerca solo in quanto nuovo. Prima del moderno "nuovo" era qualcosa di molto malvisto, tant'è vero che chi si trovava a pensare a qualche innovazione, fingeva di averla estrapolata, ad esempio, da letture di Platone o Aristotele, come a dire: "state tranquilli, non è una "novità strana", è solo una cosa che ho capito leggendo Aristotele...". Oggi invece si ricerca il nuovo senza nemmeno saperne il motivo. Chi costruisce i telefonini non fa uscire un nuovo modello quando ha trovato un'innovazione da proporre, ma deve fare uscire un nuovo modello (per richiesta di mercato) e quindi deve differenziarlo dai precedenti aumentando nel caso dotazioni, macchina fotografica, ecc, ma il motore della questione è l'idea stessa di "nuovo" e non il contenuto, la novità. Questa è una cosa che molti sapranno, studiata al liceo con l'incipit: "Dovete sapere che dopo Cartesio il nuovo sarà visto diversamente..." ma a volte ci si sofferma poco sulla precarietà, sull'effimero, sulla instabilità che questa concezione genera. L'attaccamento per il nuovo oggi è morboso, malato, è una delle cose che mantiene la nostra società allo stato insostenibile in cui è. E' tanto insostenibile, non siamo fuori scala di poco, siamo decine di volte al di sopra delle nostre possibilità e andremo incontro a qualcosa di ben più doloroso della crisi dei subprime.