Carpe diem

lunedì, giugno 23, 2008

Pavese e Borgosesia

Cesare Pavese, si è tolto la vita non (o non solo) per la sua donna che lo lasciava ma perchè era incapace di ricostruire le sue radici, non riusciva a riappropriarsi della sua memoria. Poco prima aveva infatti steso la luna e il falò, testo praticamente etnografico, immagine delle emozioni dell'autore. Pare inoltre, che buona parte dell'amarezza e del dolore provati da Pavese mentre tentava invano la sua opera di ricostruzione, fossero legati ai luoghi. Non alle persone, agli affetti perduti, ma al paesaggio, alle vie, alle case, a tutto quello che aveva conosciuto e che ora non c'era più. L'intimità della propria città natale, i luoghi di ritrovo o quelli dove si asssapora una buona passeggiata, da soli, magari alla sera. Tutto gli era stato tolto, era cambiato, non aveva più un posto che potesse chiamare casa. Questa "dotta" (salvo imprecisioni, mi correggeranno i miei colleghi letterati) introduzione mi serve per dire la mia sui lavori di ammodernamento che si fanno di volta in volta nelle città, adesso a Borgosesia. Siamo proprio sicuri che stia davvero così male lasciare un pezzo di prato inutilizzato? che sia proprio così d'obbligo farci su una casa o un palazzo? siamo sicuri che sfruttare ogni metro di terreno sia davvero utile per rendere migliore la nostra città? L'ambiente Borgosesiano è sempre stato caratterizzato da una sorta di aspetto rurale seminascosto, attorno alle vie del centro ci sono sempre state le "vie degli orti", dove ci aveva pensato la natura o al massimo la mano di un contadino a creare un po' di atmosfera tipica, non per forza quella del sindaco. Ora questo ambiente per me (che sono giovanissimo, chissà per chi ha 70 anni) inizia a perdere un po' di valore, non è più proprio quello di quando ero piccolo, è molto molto amara questa sensazione, anche perchè le cose andranno sempre peggio. Mi pare che gli anni '60 stiano ancora imperversando, anzichè in senso verticale, con gli amati palazzoni, in senso orizzontale, devastando i luoghi e le strade. Poi che si siano fatti dei buoni lavori sono anche d'accordo, però ho un senso di fastidio e di paura che bah....

3 Comments:

  • Questione interessante... ma come ti è venuto l'accostamento a Pavese? Non ho mai approfondito il problema del suo darsi la morte, ma (come scrisse il mio amato Primo Levi) ogni suicidio "ammette una nebuolosa di spiegazioni": certo può aver contato anche il distacco che hai descritto tu (La luna e i falò, però, non vuole essere affatto un testo etnografico, a quanto ne so: bensì ha molta più importanza la dimensione del mito, la ricerca di una "classicità" quasi fuori dal tempo e dallo spazio; ma chiudo qui la parentesi).
    Ad ogni modo, il fatto che l'ambiente che ci circonda subisca interventi e cambiamenti è fisiologico; la caratterizzazione a cui noi pensiamo, l'"atmosfera tipica", forse sono in buona misura il frutto delle nostre memorie d'infanzia (come hai scritto tu stesso, infatti), con il loro bagaglio di sensazioni piacevoli (ben conosciamo la questione della dolcezza connaturata al ricordo, Leopardi insegna) a cui raffrontiamo un presente che ci appare costantemente come più scialbo, più "brutto".
    Con ciò non tolgo affatto, però, che una progressiva perdita di bellezza nel nostro paesaggio (in senso largo e in senso stretto) si stia realizzando nei fatti, al di là delle suddette sensazioni personali, che stanno su un altro piano; e ti dirò di più: credo che questo problema sia molto più serio e profondo di quanto si è comunemente portati a pensare, e che le conseguenze sul comportamento di ciascuno e sul vivere collettivo siano tutt'altro che trascurabili. In buona sostanza, si tratta di tornare a valutare analiticamente il rapporto tra estetica ed etica, credo; ragionamento che da qualche tempo mi ronza per la testa, in cui intravedo buone possibilità di illuminazione, ma che finora non si è ancora concretizzato perché non so bene da dove partire per affrontarlo: spero che anche tu ci abbia pensato e magari possieda degli strumenti in più rispetto a me per discuterne.
    Sono convinto che attualmente, tra le tante altre cose, siamo gravati da una preoccupante carenza di senso estetico, di educazione al bello; certo anche gli anni '60 hanno dato il loro buon contributo a questa situazione, pur magari con motivazioni apparentemente nobili e con risultati positivi comunque raggiunti; si possono peraltro trovare esempi in cui si noti un cambio di rotta, c'è da sperare che in futuro possano moltiplicarsi; purtroppo non credo si possa dire che Borgosesia e circondario siano all'avanguardia, in questo senso.

    Beh avrai capito che il discorso mi appare davvero lungo, complesso, ma affascinante; chissà che non si sviluppi in seguito.
    E per tornare da dove siamo partiti: credo che Pavese sia proprio un riferimento appropriato, in cui il rigore etico si concilia con alte realizzazioni estetiche, perlomeno in letteratura. E nell'urbanistica?

    By Blogger Giacomo, at 19:08  

  • Accidenti che mole di questioni mi sollevi... Beh, in effetti ce ne sarebbe da dire. Il riferimento a Pavese mi è venuto visto che "la luna e i falò" è un libro che già conoscevo e alla luce di un corso di etnologia che ho appena seguito l'ho rivisto sotto una luce un po' differente. Che la luna e i falò non sia un testo etnografico nelle intenzioni lo prendo per buono da tua indicazione, ma il fatto che sotto interpretazione possa essere visto sotto sensi un po' lati, senza stravolgerlo, mi pare altrettanto plausibile. Il prof. Perone sosteneva in un suo corso che "spesso l'autore non è il miglior interprete di ciò che scrive", frase d'impronta estremamente ermeneutica che non mi trovo a condividere appieno (non l'avrei detta così, secca, senza riserve), ma che a volte si rivela corretta (anche se con quel “praticamente etnografico” capisco di aver suggerito la correzione). Tornando a noi; Vero è che certi luoghi sono emotivamente carichi per ciascuno di noi e al loro mutare, naturale ed implacabile, ciascuno ne soffra. Altrettanto vero che qui ci sia qualcosa di obbiettivamente peggiorato, anche se ciscun canone va ben definito e rapportato, un antropologo non passerebbe mai un giudizio spregiudicato su un'opera, vedendone le motivazioni e la relatività degli stili, dei gusti, ecc. A difenderlo avrebbe la logica del rispetto delle diversità e della fuga dall' etnocentrismo (e chissà quante altre cose), ciò nonostante fatico a voler giustificare certe cose. Il fatto che le modifiche strutturali ad una città ne modificano l’andamento ed è evidente che il valore d’uso suggerito da un palazzone da periferia non è lo stesso che propone un intimo portico del ‘500. Proprio stasera sentivo su radiotre un servizio a proposito di Venezia e delle misure prese da un assessore per evitare che i turisti vaghino a torso nudo, scalzi, sporcando e quant’altro. Un passante intervistato dice: “il mio cane a spasso per Ginevra non ha fatto la pipì perché ha capito che era Ginevra. È la città a dover suscitare rispetto ed è lavoro dell’amministrazione ottenere tale risultato”. Lasciando perdere le prese di posizione sul provvedimento in se (che non conosco per nulla), il signore intervistato non mi pare per nulla “l’ultimo arrivato” e apre un altro tema che mi solletica abbastanza. Altra cosa da dire, come suggerisci, è il rapporto tra etica ed estetica, sono costretto però a rimandare ad un altro post (o a una chicchierata…) perché è molto tardi e rischierei di scrivere chissà che stupidate, mica facile questa!

    By Blogger Ntxeon, at 01:01  

  • Ciao, piacere di aver incontrato un altro valsesiano sensibile e attento... che bel post! che annoso problema!
    Purtroppo pare che le realtà rurali abbiano invidia delle metropoli e tentino in tutti i modi di emularne gli errori... Ho incontrato addirittura ragazzi che si vergognavano di vivere in valle; pensare che sono fiero di essere diventato un montanaro!!!

    By Blogger Cilions, at 11:14  

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